Petrolio: rischio geopolitico e prezzi

Impressioni sulle cause del calo di prezzo

Se potessimo tornare indietro nel tempo basterebbe risalire al mese di giugno 2014 per trovare un petrolio scambiato a 115 dolari per barile e, sempre nello stesso periodo, troveremmo un contesto globale caratterizzato da forti tensioni in diverse aree chiave tra cui Iraq, Ucraina e Libia, ma solo sette mesi dopo il greggio quota al di sotto di 50 dollari per barile, con le tensioni praticamente inalterate, anzi, forse ancora maggiori poichè, a fronte di un califfato islamico che genera terrore tanto adesso come allora, a fronte di una Libia ancora nel caos e di una Ucraina ancora martoriata dagli scontri tra separatisti filorussi ed esercito regolare, troviamo luoghi non ancora affetti dal terrore che balzano alla cronaca scuotendo l’Europa da un torpore quasi insano derivante da una presunzione di pace, di integrazione totale che risulta ben lungi dall’essere reale: parliamo di Parigi, trafitta al cuore dagli attentati degli estremisti islamici contro la testata satirica Charlie Hebdo e parliamo del Belgio, dove il livello di guardia contro la possibilità di attentati sale a livelli sino ad ora inimmaginabili per una tranquilla nazione europea e parliamo anche di manovre più sottili, ma altrettanto in grado di minare le nostre sicurezze, come il cyber attacco alla Sony, che ha creato un incidente diplomatico tra USA e Corea del Nord, paese ritenuto responsabile dell’exploit.

Il rischio aumenta

Attualmente la minaccia per i mercati finanziari derivante dall’instabilità geopolitica risulta essere in aumento, od almeno questo è quanto si evince da un sondaggio condotto da Selzer & Co (Des Moines, Iowa) dove si evidenzia come il 52% degli interpellati mostri apprensione nei confronti degli sviluppi futuri.

Rischio geopolitico

La domanda sorge quindi spontanea: “Perchè, allora, le quotazioni hanno registrato questo crollo?” La risposta a questo quesito si trova nelle aree geografiche interessate dalle tensioni le quali non hanno mostrato un’interruzione delle forniture, un fatto questo fondamentale per innescare un aumento dei prezzi.

Per fare un esempio pratico di quanto detto sopra, analizziamo la situazione dell’Iraq: gli scontri sono stati violentissimi e continuano tutt’ora, ma risultano limitati alle regioni del Nord, lasciando il Sud (ove maggiormente si concentra l’output di greggio) praticamente intatto e quindi risultano ininfluenti in termini di contrazione della fornitura.

Russia ed Orsi

Quello che è certo è che sarà necessario un evento geopolitico significativo per osservare un aumento delle quotazioni del petrolio ed a questo proposito la Federazione Russa (maggior produttore di greggio a livello mondiale) continua a rivestire il ruolo di osservata speciale con la tensione che si presenta a livelli sempre maggiori a seguito delle vicende originatesi dall’annessione della Crimea.

Le relazioni tra Mosca e l’occidente si sono fortemente deteriorate a seguito dell’applicazione di sanzioni alla Russia da parte di Stati Uniti ed alleati che hanno provocato una situazione che ci riporta ai tempi di una guerra fredda che sembrava ormai una questione risolta ma che, invece, si propone nuovamente piena di vigore, con Vladimir Putin (premier russo) che incolpa Stati Uniti ed Europa dell’attuale crisi economica che flagella il paese e dichiara senza mezzi termini di essere pronto a difendere il suo paese come l’orso difende il territorio.

Conclusioni

Il rischio geopolitico è ancora presente e potrebbe innescare violenti recuperi delle quotazioni, con una situazione globale all’insegna dell’instabilità.

Il pericolo potrebbe anche giungere da scenari inaspettati, come la presenza delle truppe francesi nel Mali volta a contrastare le milizie islamiche raggruppate nella regione di Fezzan che rappresenta una sorta di terra di nessuno da cui minacciare la regione ed in extrema ratio l’Europa.

Pesante anche la situazione in Libia, dove gli scontri hanno causato uno stop della produzione in alcune aree chiave.

Per concludere, il rischio geopolitico non accenna ad abbandonare la scena e potrebbe rivelarsi, ancora una volta, il vero market mover.

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Marco Tosoni